Una sedia…con promessa

Un rumore di trascinamento proveniente dall’esterno richiamò il mio sguardo lungo il corridoio che conduce al laboratorio. Era una minuta signora dal viso provato dal tempo e con lo sguardo triste, che trascinava a fatica una sedia. La raggiunsi per aiutarla, lei mi guardò in faccia, poi chiese se sapevo indicarle dove poteva trovare l’impagliatore.
-Sono io, signora, risposi, mi dica-;-le ho portato questa seggiola perché vorrei farla ritornare come nuova-.
La sedia, sembrava in buono stato, era solo bucherellata dal tarlo. Mi raccontò che non era mai stata usata, pur essendo sempre stata nello stesso “posto tavola”, dal giorno in cui suo marito era partito per il servizio militare. -Sono passati tanti anni-, riprese la signora con aria di rassegnazione, – e da allora non è più tornato-.
C’eravamo sposati da appena un mese, io ero già incinta, ma il mio Armando non lo sapeva. Nelle poche lettere che sono riuscita a spedirgli, per non farlo soffrire non l’ho mai informato, perché volevo riservargli la sorpresa il giorno in cui sarebbe ritornato, finita la guerra. Poi se l’avessi anche informato, probabilmente sarebbe stato all’oscuro ugualmente perché molte lettere si smarrivano in quel periodo. Armando, quando riusciva a darmi notizie, non parlava mai del freddo che lo assiderava, dei crampi allo stomaco dalla fame e comprendo benissimo che se lo avesse fatto, avrebbero censurato la lettera. Le pessime condizioni dei nostri soldati che combattevano sul fronte Russo, tutti sapevano, le voci circolavano in paese. Erano mal vestiti e denutriti e molti purtroppo, sono rimasti assiderati dalle bufere di neve.
La Signora Mafalda aveva voglia di sfogarsi con qualcuno che l’ascoltasse per raccontare l’odissea della sua vita con l’illusione di lenire il peso della croce che portava sulle spalle.
Man mano che la piccola cresceva, continuò, chiedeva sempre più spesso di conoscere suo papà e ripeteva continuamente: Mamma, perché gli altri hanno il papà e io no?
Domanda difficile per rispondere lealmente ad un bambino, quando per lui la vita è solo un gioco.
Io ascoltavo con interesse l’esternazione della signora Mafalda, parlava con rassegnazione senza odio, consapevole che la sua storia era anche quella di migliaia di mamme e di mogli ingannate da i “signori della guerra”, senza perdere la speranza che un giorno o l’altro il suo Armando sarebbe ritornato.
Nel 1948 Il Ministero della guerra le recapitò un documento dove l’informava che:
Non avendo trovato nessuna testimonianza che attestasse la sua morte, il caporale Armando è considerato disperso. Ai famigliari è concesso presentare domanda per la pensione di guerra.

La signora Mafalda, prima di congedarsi mi ha chiesto un preventivo sul lavoro da fare, mi ha dato il suo numero di telefono e il nome di sua figlia per avvertirle quando dovevano ritirare la sedia. Lo spazio libero in un punto del tavolo in casa sua le suscitava un brutto presentimento, e chiedeva un sollecito; mi salutò come fossimo vecchi amici e uscì.
Erano appena trascorsi quindici giorni, quando telefonai per avvertire la signora Mafalda che la sedia era pronta. Mi rispose la figlia Marilena; -vengo subito disse-.
Com’entrò, mi congelò con una brutta notizia: -sono venuta io perché la mamma purtroppo la settimana scorsa ci ha lasciati-. Le espressi le mie condoglianze nel consegnarle la sedia riparata e una lettera sbiadita che avevo trovato infilata sotto l’impagliatura.

Messaggi scritti a matita direttamente sulle superfici interne coperte dall’impagliatura ne ho trovati altri, come il nome dell’impagliatore, qualche indirizzo, o w Garibaldi , w il Duce, w Coppi, w la figa, ma delle lettere mai, è stata la prima e la curiosità mi aveva quasi convinto a leggerla, poi il buonsenso ha prevalso.
Dopo la sorpresa, la curiosità mi aveva spinto a formulare tante ipotesi sull’origine dell’epistola. La più credibile, una letterina di Natale scritta dalla bambina poi nascosta qualora fosse ritornato il papà visto che era tanto ansiosa di conoscerlo.
Tutti avevamo l’abitudine di nascondere la letterina sulla tavola apparecchiata sotto il piatto capovolto del papà, la sera della vigilia di Natale. La tentazione di conoscere quali parole aveva scritto sul foglio bianco la Marilena, era tanta come se d’improvviso fossi ritornato piccolo ( è vero, l’uomo rimane sempre un bambino vestito da grande), ma riuscii di nuovo a resistere.
Ricordo perfettamente la soddisfazione che provavo nel momento in cui mio padre da bravo attore fingeva d’essere meravigliato, mentre rigirava il piatto e scopriva la sorpresa. Il papà sapeva benissimo di trovarla, anch’io sapevo che lui era consapevole, però sono di quelle bugie che diventano verità e creano felicità la sera che precede la natività di Nostro Signore, prima di gustare un piatto di tortelli ripieni di zucca conditi col soffritto.
Tutte le lettere di Natale scritte negli anni contenevano di solito le stesse parole, le solite promesse a volte ingigantite con la speranza di riceverne una ricompensa maggiore, che poi era un mandarino o una manciata di arachidi in più. Tali promesse però erano anche un seme messo a germinare. Lo testimonia il rispetto all’obbedienza nel non aver aperto la lettera.
La signorina Marilena leggendo la lettera è sbiancata in viso, poi rimessasi mi ha raccontato che era una lettera di suo papà indirizzata alla madre che avrebbe dovuto consegnarle un commilitone col quale si erano conosciuti durante la degenza all’ospedale militare, quando amputarono ad entrambi un piede congelato e infettato da cancrena.
Nella lettera affermava: ti mando questa tramite il soldato Andrea di Serramazzoni, mentre ritorna a casa congedato. La signorina Marilena, ricorda ancora il giorno in cui si presentò a casa loro il soldato, -ero piccola e credevo fosse lui il mio papà-. –La mamma, più di una volta mi ha raccontato che il soldato Andrea doveva consegnargli una lettera, ma che durante il viaggio giurava d’averla smarrita e che ora gli dispiaceva tanto dell’accaduto.
Ci disse verbalmente che mio padre, appena ristabilito, sarebbe ritornato in Patria congedato, poi ci salutò commosso e partì in fretta per unirsi alla sua famiglia.D’allora non abbiamo più avuto sue notizie, questa cosa ci fece alquanto dubitare. Era vero, o era tutto falso?

-Quella lettera mai arrivata, è sempre stata una spina nel cuore per la mamma-, afferma la Marilena. Pensa il destino…, se mia madre avesse deciso prima il restauro della sedia l’avrebbe liberata di quel peso allo stomaco e risolto il mistero con il ritrovamento.
Marilena, riprende poi la lettura a fatica dall’emozione e per i caratteri sbiaditi.
Io l’osservavo in viso; continuando nella lettura, ella, diventava sempre più triste e taciturna fino a crollare in un pianto ininterrotto.
Sulla lettera c’era scritto: Mafalda, io e te siamo stati insieme solamente un mese, dopo esserci sposati, non abbiamo figli, sono passati diversi anni senza vederci nè sentirci, siamo diventati due sconosciuti. Da poco mi hanno dimesso dall’ospedale dove ho subito la mutilazione di un piede. Ora sono zoppo. Per la convalescenza e la riabilitazione, mi ha ospitato, per fortuna, la famiglia di una crocerossina. Mi trattano bene e mangio tutti i giorni.
L’infermiera di nome Karla, tutte le volte che è libera da impegni, s’intrattiene volentieri con me; è rimasta vedova e, da quel giorno, si dedica al volontariato. Noi due abbiamo un rapporto dal quale è nata una bella bambina, e mi ha pregato di restare con lei per aiutarla a crescere. Spesso mi dice:
-Se ti manca anche un piede non ti preoccupare, ci sono sempre io a darti una mano; ma se ritorni a casa tua in Italia, forse tua moglie non ti riconoscerebbe-.
Se sei ancora in vita, capisco che ti dispiacerà, quando leggerai le parole di questa lettera sulla decisione che ho preso ti chiedo scusa e ti saluto.
Armando.
Adesso capisco il motivo per cui il soldato Andrea non ha consegnato la lettera alla mamma. Quando ha visto che c’ero anch’io con lei, lui l’ha nascosta per non distruggerla mantenendo fede alla promessa.

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