I brani musicali scelti erano interpretati e diretti divinamente dai coristi della scuola di musica di Novellara. Le melodie si perdevano nell’abbondante flora che circonda il parco e la villa sei-settecentesca dell’antica corte padronale. L’effetto ovattato accarezzava l’udito, inversamente a quanto avrebbe fatto l’orecchio di “Dionisio” nella bella Trinacria, e mi faceva ritornare fanciullo, ai tempi in cui si giocava a nascondino ( a cusato, detto in dialetto ) ; quando la voce di chi si era nascosto avvertiva l’inizio del gioco, difficilmente si riusciva ad intuirne la direzione: Era l’effetto parco.
Prima magia.
All’ora del pranzo, sotto l’enorme portico che collega l’ingresso alle diverse stalle settecentesche, affiancate, ancora intatte, eravamo seduti ai tavoli apparecchiati e, nell’attesa del prelibato risotto alla salsiccia, una folata di vento ci ha portato il profumo del pane cotto nell’antico forno a legna del borgo.
In quell’istante era suonato pure il mezzogiorno alle rondini che, ininterrottamente sfreccianti, nutrivano i piccoli in vigile attesa nei loro nidi, attaccati ai pilastri e alle pareti prossime al soffitto, incuranti dei numerosi commensali improvvisamente ammutoliti, con lo sguardo all’insù, a bocca aperta, come ipnotizzati.
Seconda magia.
Al pomeriggio, appena terminata la gara degli arcieri, si è dato inizio alla raccolta del carice. Un vecchio trattore ansimante trainava una biga strapiena di visitatori, per condurli sul luogo della pavera, accompagnati dalle note musicali di un provetto fisarmonicista per ricreare l’atmosfera campestre dei vecchi tempi, tutti muniti di guanti, cappelli di paglia, stivali e falcetto.
L’enorme cariceto, scelto per la dimostrazione dal vivo della raccolta della pavera, si trova al centro di un vecchio ippodromo da tempo abbandonato, costruito il secolo scorso per allenare i cavalli da corsa. Il più famoso in assoluto fu il mitico Tornese.
L’ippodromo della Riviera ha la stessa dimensione di quello di Parigi e sono ambedue unici al mondo per dimensione.
Il trattore, scoppiettando e barcollando, penetrava la fitta vegetazione cresciuta spontanea, percorrendo il raccordo anulare, quasi volesse eclissarsi. Dal parco, in lontananza, si intuiva l’itinerario del percorso effettuato da Camillo (il Caronte della festa), solo dal fumo emesso dal tubo di scarico del suo trattore.
Ad attenderci sul punto di raccolta le fedeli Guardie Ecologiche, di servizio per impartire consigli necessari al dovuto rispetto per la flora e la fauna autoctone presenti.
Più di una volta il trattore ha fatto la spola avanti e indietro per accontentare tutti coloro che desideravano assistere alla raccolta dell’amato Carix Elata, la graminacea perenne da sempre fonte inesauribile per ricchi e poveri: a costo zero.
Sulla raccolta del carice è nato un detto, usato da madri con figlie pronte da maritare; recitando tale monologo, chiedevano ai giovanotti di ritorno con la pavera:
“Ragas pin de stras pin ‘d’pavera, siv ragas da tor mojera?”
Terza magia.
Moltissime persone erano presenti alla quinta edizione della festa della “Pavera”. Fra loro, le autorità Comunali e Provinciali, una famosa Senatrice ed un funzionario del Ministero dell’Agricoltura. (non cito i nomi per ragioni di riservatezza)
Erano presenti per un importante convegno sull’anguria reggiana, che si è svolto nel lungo portico adibito a salone delle riunioni, in vista della imminente tradizionale gara per mantenere il guinnes dei primati del cocomero più pesante, vinto l’anno scorso 2012 da Novellara.
Nel cortile adiacente, una quindicina di impagliatori locali e di comuni limitrofi, dopo aver esposto i loro capolavori ed aver ricevuto l’incoraggiamento dalle autorità, eseguivano in diretta ognuno un manufatto diverso, convinti di recuperare in questo modo le attività rurali in via d’estinzione.
Alcuni impagliavano sedie, altri costruivano cesti, altri intrecciavano paglie di pioppo e poi cucivano i cappelli, altri ancora tornivano il legno, per costruire giochi ed attrezzi, mostrando volutamente ai visitatori l’arte dell’arrangiarsi.
Alle molteplici attività della festa sono state inserite, come da tradizione, la gara dei lambruschi locali, la gara della ciambella casalina, “Busilan” e la cottura dei ciccioli ed S.Bernardein in diretta.
Un ringraziamento infine agli artisti pittori per aver esposto ed eseguito in diretta le loro opere, veri capolavori d’autore.
Altro momento magico è stata la messa, arricchita dal coro di Novellara e celebrata nel grazioso oratorio dedicato a S Luigi Gonzaga, eretto nella corte nel primo ottocento.
Don Nino si è poi trattenuto cordialmente col pubblico attorno ad una grande teca, per commentare insieme un enorme favo di una bellezza “Leonardiana”, recuperato nell’intercapedine di una finestra della villa, ora proprietà del signor Righi, creato da un insetto: la vespa cartaia.
Ci siamo tutti posti una domanda: Come mai un insetto fastidioso, che noi odiamo tanto, da sempre riesce a costruire una cosa così bella?
La risposta del sacerdote si immagina facilmente quale sia stata. Per provocarlo potrei dire il contrario, anche se temo che sia Lui ad aver ragione.
In poesia il finale magico a sorpresa della festa della Pavera.
All’avvicinar della sera
dal ramo più alto del Parco, spezzato,
la mitica Capinera
con la dolce melodia del suo canto
ha salutato come in passato
gli amici convenuti alla Riviera
ad onorar la festa della Pavera.
San Bernardino di Novellara R.E. 04- 07- 2013
Sergio Subazzoli